sabato, settembre 16, 2006
venerdì, settembre 15, 2006
L' ETERNITA' IN UN' ORA
"Vedere il mondo in un granello di sabbia
E il cielo in un fiore di campo,
Tenere l' infinito nel palmo della tua mano,
E l' eternità in un' ora."
William Blake, "Auguries of innocence"
Lisa Gerrard - "Sanvean"
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mercoledì, settembre 13, 2006
LA "SERPENTA" DIAMANDA SU MADONNA
"Grazie a Dio gli americani conoscono Maria Callas. Ho letto che Madonna, quella stronza che canta col naso, voleva recitare la parte della Callas nel film di Zeffirelli. Avrei preferito vederla morta, la sola idea che quella fottuta succhiacazzi potesse interpretare la Callas è una blasfemia: se la chiesa italiana avesse a cuore la bellezza e l'arte dovrebbe intervenire per evitare queste assurdità, non per contestare le mie performance. Anche Frida Kahlo recitata da Selma Hayek è uno strazio, Hollywood è un covo di puttane che vogliono impersonare grandi artisti"
Diamanda Galas
Secondo me è lei una grande. Non sono riuscito ancora a vederla in concerto, ma ho visto pezzi di sue performance sul web, delle quali una segue qui sotto.... Al più presto le dedicherò un post dettagliato. Pazzesca e bravissima.
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domenica, settembre 10, 2006
LA RELIGIONE SENZA AMORE: CUGINA DELLA VIOLENZA

"Una società che spesso educa o quantomeno ammicca con indulgenza o compiacimento a comportamenti trasgressivi... non può poi far finta di meravigliarsi se tra le tante trasgressioni
nasce anche il mostro aberrante e obbrobrioso della violenza"
La violenza, quindi, come cugina della trasgressione. In questa frase, molto pesante e grave per il modo in cui è stata pensata e soprattutto per la motivazione che ha dietro, c' è tutta la vera essenza della Chiesa di Roma attuale (che porta con sè tutto il peggio dei secoli passati)... Il Monsignore ha poi cercato di "ridimensionare", ma è stato un arrampicarsi sugli specchi peggiorativo, ormai era troppo tardi e le polemiche sono state inevitabili (e più che dovute). Monsignor Vecchi, assieme al suo capo Ratzinger, in teoria rappresenterebbe un Tizio vissuto 2000 anni fà, nel cui curriculum sembra ci fosse scritto "figlio di Dio", che impedì un giorno alle caste sacerdotali e autorità associate di lapidare una certa Maria Maddalena.
Sì, quella che, stando ai vangeli, faceva il mestiere più antico del mondo, ma che in quel contesto era ritenuta immonda, "diversa", peccatrice, certamente trasgressiva. Tutti quei signori, incrostati nelle loro vesti e nei loro dogmi di purezza e moralità, la stavano facendo fuori a sassate... violenza.... (certo, per quei tempi era in uso) ...Però quel Tizio, quel Gesù, non si sognò certo di dire: "sei una peccatrice trasgressiva, ti stà bene se ti stanno violentemente uccidendo, te la sei cercata, mi dispiace".
Non usò il ricatto, il minaccioso criterio dell' antico Dio vendicatore e punitivo, del Vecchio Testamento. No. Lui, a quanto pare, venne per ridimensionare parecchie cose, anche l' idea di quel Jahvè che guidò Mosè fuori dall' Egitto assieme al popolo eletto...lui infranse molte regole e dogmi

e lei: "Nessuno, Signore" e lui: "Nemmeno io ti condanno, và e non peccare più" (intanto i "punitori" se ne erano tutti andati in silenzio, dai più vecchi ai più giovani). Basta, come sempre, tornare alle radici delle cose per capire bene. E non è accettabile che un vescovo ausuliario, nel 2006, si azzardi ancora a usare il ricatto medioevale del "Dio punitore" per alimentare e deporre a favore della cattolica avversione verso ben precise "diversità" (tanto temute propio perchè nel DNA della stessa Chiesa, piena da sempre di prelati omosessuali e addirittura pedofili). Non è accettabile che venga insinuato che una coppia di gay, ormai nemmeno più sicura a Bologna, davanti al Cassero, "non sia poi strano che venga pestata da un gruppo di albanesi omofobi".
Come a dire: "non dovreste esistere e se propio volete esistere, nascondetevi, siate invisibili, altrimenti è facile verrete pestati". Questo è quello che riesce a fare oggi la Chiesa di Roma. Che è talmente regredita e inaridita da usare qualsiasi mezzo per arrivare ai suoi fini, e colpevolizzare chi non può e non vuole rispettare, ma solo giudicare e isolare. Ma questo non c' entra nulla con quello che pensava quel Tizio di 2000 anni fà. La religione, senza amore, rispetto, senso dei tempi attuali e della laicità di uno stato, quella sì che è cugina della violenza; non esitando, la Chiesa, a impugnarla indirettamente quale spada da qualsiasi parte provenga (visto che l' Inquisizione e il potere temporale non può più usarli).
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sabato, settembre 09, 2006
LA MORTE SECONDO IL BUDDHISMO

In senso più ampio, per il Buddhismo, la sfida col confronto che si deve fare con l’ evento morte è considerato un mezzo per rivelare il vero valore della vita. Nell’ alternanza di vita e morte si manifesta il nostro vero io e ambedue questi aspetti sono parte dell’ essenza cosmica. Ogni vita individuale è la fusione temporanea di ciò che il Buddhismo chiama le 5 componenti (forma, percezione, concettualizzazione, volizione e coscienza): l’ esistenza si manifesta quando queste si uniscono secondo criteri ben precisi e scompare quando si separano, con la morte. Ma nonostante tutti questi cambiamenti l’ entità o vero io (chu) di un individuo rimane costante…
Quando si parla di “eternità” della vita dal nostro punto di vista, bisogna sgombrare la mente da associazioni con concetti di cattolica memoria: è totalmente diverso. Non và confuso con l’ idea di paradisi o inferni dove l’ anima vivrà in eterno. Per il Buddhismo la vita di ogni essere vivente è eterna perché fa parte dell’ intero universo che esiste eternamente. Sempre sulla base di questa ragione, nessuna cosa vivente può essere creata oppure distrutta…Creazione e distruzione sono in realtà momenti del processo di rinnovamento universale che, secondo la Legge di Nam-myoho-renge-kyo, percorre un ciclo ininterrotto di nascita, crescita, declino e morte. Il concetto buddista dell’ eternità della vita anticipa di quasi 2000 anni le leggi della fisica sulla “indistruttibilità” della energia e della materia, secondo cui queste ultime non si disperdono, ma si convertono in forme diverse.
Anche la nostra vita, composta di energie fisiche e spirituali, segue queste leggi. Il fatto che il “passaggio” morte avvenga in modo naturale, o prematuro, o indolore, oppure in maniera traumatica, non cambia nulla alla sostanza di questo concetto….Per capire dove “và” la vita di qualcuno quando muore, si può paragonarla a un’ onda dell’ oceano, simbolo della forza vitale dell’ universo (che noi chiamiamo, appunto “Nam-myoho-renge-kyo”). Un’ onda può essere definita tale, e avere un comportamento e caratteristiche specifiche, solo grazie alla sua forma momentanea, ma non differisce assolutamente dal resto dell’ oceano. Chi ha studiato fisica sa che l’ onda che si vede in superficie è semplicemente il prodotto dell’ energia di un movimento ondoso che esiste, invisibile, nell’ oceano. Quindi si può dire che l’ onda “visibile” deriva dall’ onda “invisibile”.
La concentrazione di energia cinetica che ha generato l’ onda “visibile” dopo un certo tempo si dissolverà e così l’ onda “visibile” si mescolerà nuovamente alle profonde onde “invisibili” dell’ oceano da cui era apparsa. Al momento della morte la nostra vita non si dirige fisicamente in nessun luogo, poiché è già parte dell’ universo. Sebbene la nostra forma e la nostra coscienza non siano più in funzione, l’ entità della nostra vita continua ad esistere nella vita eterna dell’ universo, proprio come il moto ondoso prosegue, invisibile, nell’ oceano. L’esigenza che talvolta scatta nelle persone, quella di darsi una “possibilità diversa” rispetto il problema morte, è importante. Noi la chiamiamo “spirito di ricerca” e per quasi tutti il movente è sempre lo stesso: la sofferenza per qualcosa. La sofferenza come un “risveglio”, uno stimolo per cercare di capire cosa stà dietro a questa vita che ci siamo ritrovati a percorrere, coi suoi alti e bassi, fortune e sfortune, talenti e difetti….
All’ inizio, quando ci si avvicina al Buddhismo, si ha l’ impressione di andare alla ricerca di un oppiaceo, un palliativo…. E all’ inizio và anche bene così come espediente. Poi, andando avanti, approfondendo ma, soprattutto, sperimentando si trovano molti conti che “tornano”… Si verifica che esiste un meccanismo ben preciso dietro a “tutto” e che è sempre lo stesso per “tutto”. E la vita cambia, arrivano le “Prove” (nella accezione più scientifica del termine), parti di noi morte o addormentate da anni, riprendono vita e rifioriscono come per miracolo. Gli eventi, le coincidenze, le relazioni, le connessioni si mettono a funzionare in un modo diverso. Molto spesso l’ impossibile diventa possibile….
Si diventa vitali, forti come “rocce” e gli altri se ne accorgono e ne vengono attratti come calamitati…. Cambia la rotta. Si sperimentano sempre più attimi della cosiddetta “felicità assoluta” (a prescindere dalle sofferenze a dai problemi del momento): impossibili da descrivere a parole….Si impara ad amare tutti perché dentro ognuno esiste “il Buddha”.
La vita cambia, diventa sempre più interessante e divertente. E la morte perde quel potere di paura assoluta che aveva sempre avuto, certo, resta comunque un trauma, un evento enorme da affrontare (negli altri e in noi), ma l’ elaborazione è diversa.
C’ è un approccio diverso, c’ è l’ importantissima, diretta, esperienza che si fà attraverso il Buddismo: l’ eternità della vita. Si percepisce inequivocabilmente che nascita e morte, sono solo due momenti, due fasi cicliche. Proprio come un’ albero che attraversando le stagioni, in certi periodi sembra morto, in altri riappare vivo, coprendosi di gemme, foglie, fiori e frutti.
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venerdì, settembre 08, 2006
KALY-UGA?
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giovedì, settembre 07, 2006
IL CALDO E' TORNATO
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UN FRAMMENTO DI PARADISO BUDDHICO SULLA TERRA
Gli insegnamenti di Shakyamuni sono registrati in un enorme corpus di testi, noti come sutra. Il modo in cui la filosofia del Buddismo viene presentata all’interno dei sutra è estremamente variegato. Nel corso dei cinquant’anni in cui Shakyamuni condivise i suoi insegnamenti con la gente, egli viaggiò in lungo e in largo per l’India. Invece di esporre la propria filosofia in maniera sistematica, il suo insegnamento di solito assumeva la forma di un dialogo: incontrando persone dalle origini più disparate – dai ministri di stato a uomini e donne analfabeti – cercò di rispondere alle loro domande e ai loro dubbi. Soprattutto cercò di fornire risposte alla domande fondamentali dell’esistenza umana: perché siamo nati e dobbiamo affrontare le inevitabili sofferenze legate a nascita, malattia, vecchiaia e morte?I sutra vennero composti negli anni successivi alla morte di Shakyamuni; si pensa che il Sutra del Loto sia stato composto tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. In sanscrito è noto come il Saddharma-pundarika-sutra (lett.: “Sutra del Loto della Legge meravigliosa”). Come molti sutra Mahayana, il Sutra del Loto si estese fino all’Asia Centrale, la Cina, la Corea e il Giappone. Arrivato in origine in Cina nel terzo secolo d.C., si dice che il Sutra del Loto sia stato tradotto in numerose versioni differenti di cinese, di cui sono ancora esistenti tre versioni complete. La traduzione di Kumarajiva (344-413 d.C.) del quinto secolo è considerata particolarmente eccellente; si pensa che la sua limpidezza filosofica e bellezza letteraria abbiano giocato un ruolo nella venerazione diffusa di questo sutra in tutta l’Asia Orientale.Il titolo del Sutra del Loto nella traduzione di Kumarajiva, Myoho-renge-kyo, contiene l’essenza dell’intero sutra, e fu sulla base di questa consapevolezza che Nichiren (1222-1282) impose l’invocazione di Nam-myoho-renge-kyo come il nucleo della sua pratica buddista. Il Sutra del Loto è considerato il sutra che realizza l’obiettivo dell’avvento di Shakyamuni nel mondo, espresso in queste parole: “All’inizio ho formulato un voto, sperando di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi.” In altre parole, l’obiettivo dell’avvento di Shakyamuni era di mettere tutte le persone in condizione di raggiungere lo stesso stato di perfetta illuminazione che lo aveva reso noto come “Budda”, il “Risvegliato”.

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SIAMO TUTTI DEI BUDDHA E OGNI GIORNO CI ILLUMINIAMO
Quando apri il Gohonzon, apri la parte migliore di te stesso.


assoluta, che ti fà desiderare di essere un canale, una porta aperta, che rende possibile la felicità di tutti, nessuno escluso. Quando avviene ciò, capisci che non c' è gioia più grande che sintonizzarsi su queste altissime frequenze; e la verità di quanto Nichiren scrisse:"Non c' è felicità più grande per gli esseri umani che recitare
Nam myoho renge kyo"
Questo che ho postato sopra è una riflessione di un praticante buddhista da molti anni, che rappresenta ed esprime molto bene il senso che stà dietro al nostro tipo di pratica quotidiana. Nel concetto di Nichiren Daishonin, il monaco che fondò questa scuola, l' Illuminazione non è una condizione fissa, ma la si può arrivare a toccare ogni giorno e, col tempo, renderla sempre più permanente nelle nostre vite e dentro di noi. Lo stimolo per fare ciò è il Gohonzon, il mandala iscritto da Nichiren davanati al quale si pratica il Buddhismo. Il Gohonzon è uno specchio, lo specchio delle nostra vita il quale però ci rimanda indietro anche i riflessi delle funzioni più positive ed evolutive e, soprattutto, scopre la nostra parte Illuminata. Sempre. Anche quando non lo sappiamo o non lo sentiamo.
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mercoledì, settembre 06, 2006
IN MEMORIAM


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martedì, settembre 05, 2006
C.R.A.Z.Y.

Quel tipo di film (come anche libro, o musica) che ti fanno uscire dalla sala con la sensazione di essere stato "nutrito" nell' anima e nel cuore. Canada, Montrèal, 25 dicembre 1960, famiglia di periferia del Quèbec. Nasce Zachary, quarto figlio di cinque maschi. Da subito "diverso" per le circostanze del parto che ne mettono in forse la sopravvivenza, ma anche determineranno in un qualche modo il suo essere "diverso" per vari motivi, fin dall' infanzia. Zac lo strano, l' effemminato, il taciturno, il vulnerabile e sensibilissimo, addirittura in "odore" di poteri taumaturgici e soprannaturali....
Da sempre protetto da una figura materna in apparenza tradizionale e conservatrice, in realtà profonda, evoluta, positiva, capace di un legame simbiotico con lui, a prescindere dai difficili equilibri famigliari e dal retaggio cattolico/conservatore. Il padre, patito di Charles Aznavour e Patsy Cline, dapprima percepito rude, "tosto", istrionico, ma visceralmente amorevole e amico. Poi, alla scoperta sempre più ovvia dell' omosessualità di Zac, diviene avversario e controparte negativa rispetto la madre (come spesso accade) per l' incapacità di accettare le tendenze gay del figlio.
Gli altri quattro fratelli, tutti diversissimi da lui e tra loro, con i quali faticherà a trovare un equilibrio e un rapporto vero, se non dopo un certo tempo. Perfino il fratello maggiore, quello più negativo, drogato e autodistruttivo, agli occhi del padre farà meno fatica ad essere accettato e amato rispetto Zac. Il film racconta molto bene il tormentato e interessante percorso del bel protagonista, accompagnato da una colonna sonora di "presa" e suggestione che và dagli anni '60 ai primi '80 (Rolling Stone, David Bowie, Pink Floyd, The Cure, tanto per citare alcuni).
Non a caso, qui abbiamo un sottolineato David Bowie, quale icona per eccellenza della diversità. I profili psicologici di tutti i protagonisti sono dettagliati e molto ben resi. Si assiste all' evoluzione sessuale di Zac, la scoperta e dapprima il rifiuto della sua omosessualità, quasi solo accennata per gran parte del film, innescata dalla sua infatuazione per il ragazzo della cugina, che resterà comunque "platonica". In seguito viene sgamato dal padre, dopo la prima pomiciata omosex.
Ne consegue il dramma e tutta la durezza del fare i conti con il non essere accettati, il rifiuto e il pregiudizio. Le tematiche del film sono molte, così come i simbolismi, a mio parere presente a vari livelli di lettura. Partendo dall' infanzia di Zac, il tema del religioso e della spiritualità resta presente per quasi tutta la pellicola: i presunti poteri del Zac bimbo, la "strega" del paese che lo riconosce come "essere speciale" e resta come simbolo di una dimensione quasi sciamanica, in qualche modo collegata a lui e alla madre. Il legame simbiotico e praticamente medianico con lei si attiva quale aiuto nei momenti drammatici della sua vita.
E' l' unico, nonostante il rapporto conflittuale e discriminante, a ricevere il "saluto" in sogno del fratello maggiore drogato, appena morto. Sarà questo evento a stimolare nel padre il faticoso cambiamento di accettazione, con tanto di riconciliazione all' antico amore paterno che Zac conobbe da bambino.
Altro momento interessante della storia è la "fuga" di Zac in Israele dove, a Gerusalemme (luogo importante per la madre) vive la sua prima esperienza gay con un ebreo simile a Cristo; e nel deserto attraversa, quasi rischiando la vita, una sorta di catarsi purificatrice. La storia straordinaria di un ragazzo comune (pur se "diverso" allo stesso tempo) in cerca dell' amore e della felicità.
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lunedì, settembre 04, 2006
PERCHE' TANTO CLAMORE SUL "CODICE DA VINCI?"


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BUONGIORNO

presto scriverò qui recensione di un film molto bello che ho visto nel week-end: C.R.A.Z.Y.
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RIFLESSIONI DI INIZIO SETTEMBRE

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FLASH MISTICO/BUDDHISTA
Nam myoho renge kyo.
Molti agnostici o atei fondametalisti classificano la spiritualità - e le religioni in genere - come una "stampella psicologica" contro la paura del nulla e della morte. Mi sembra un po' troppo superficiale come lettura: è tutto relativo. Indubbiamente in parte e spesso il senso religioso è dettato dal bisogno di creare la prospettiva, la speranza di un "dopo" la cessazione della vita fisica (ma riguarda più che altro noi occidentali). Ci sono altre motivazioni però. Il senso spirituale può svilupparsi e scaturire da ben altri stimoli e/o esperienze, ricerche, percezioni, delle quali la paura della morte non è necessariamente lo stimolo assoluto. Non si può ridurre la spiritualità (e ce ne sono tante di spiritualità e concezioni) a un puro surrogato superstizioso solo perchè non ci si crede o non se ne conosce abbastanza.
Poi la morte resterà sempre la prova del "nove", dalla quale però nessuno è mai tornato per dirci cosa c' è dopo. Come ha detto poco tempo fà un famoso scrittore di cui non ricordo il nome, che ha pubblicato un libro su questi argomenti:
"Da una parte non posso fare altro che constatare che il genere umano si differenzia da tutte le specie animali per la sua consapevolezza della propia morte, della fine fisica della vita. Ed è l' unica specie vivente che fà processioni e costruisce chiese e templi. Questo non può non farmi riflettere. Dall' altra parte, osservando l 'universo, le leggi fisiche e biologiche, la natura e la vita, non posso non pensare a qualcosa dietro alla straordinaria bellezza e complessità di tutto ciò."
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IL MIO PRIMO GIORNO DI BLOG
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domenica, settembre 03, 2006
IL SENTIERO DEL BUDDHISMO DEL LOTO
...Già, perchè cominciare propio con la religione? o meglio (come preferisco io) con la "spiritualità"? chissà, forse perchè in realtà, dentro certe filosofie o Vie mistiche, è già contenuto tutto delle nostre vite. Anche quelle parti che riteniamo separate, impure o troppo distanti, differenti, incompatibili. Io sono sempre stato, più o meno, uno che "cerca". Non ho certezze di divinità, dèi, vita-dopo-la-morte o altre dimensioni. So soltanto che quasi quindici anni fà ebbi un' esperienza che cambiò per sempre il mio percorso e il mio modo di guardare alla "realtà" (no: non stò parlando di esperienze di "quasi morte" o luce in fondo al tunnel, ecc ecc...). Ne parlerò meglio più avanti in questo blog di questa esperienza, per adesso mi limiterò a dire che si trattò di ....uno stato di coscienza alterata? Sì, può rendere. Accadde in seguito a un evento molto traumatico e negativo. A un certo punto mi sentii a un bivio: era troppo il dolore e lo stress da reggere. Mi dicevo, sentivo, che doveva "succedere" qualcosa. Poi un giorno sentii un "click". Ecco, pensai, sono saltato....Fuso, impazzito del tutto. Invece il mio cervello iniziò a funzionare in un' altro modo. Provai paura.
Possiamo pensare che effettivamente nei nostri cervelli si muovano complessi meccanismi biochimici e quant' altro.... forse per tutto esiste una variazione del genere nel cervello (dall' amore alla depressione), però allora mi accorsi che quanto percepivo (telepatia, precognizioni, percezioni di vario tipo) avevano un riscontro nella realtà. Era come vivere su due livelli: vedere, sentire cose che di solito non vediamo nè sentiamo e vederne il corrispettivo sul piano del "reale"... Ma quale è il più reale dei due? O lo sono entrambi? Vedere una persona per la strada e solo guradandola sapere che di lì a 4 o 5 giorni si ammalerà e poi sapere che è accaduto (per fortuna nulla di grave). Sentire i pensieri di tutti quelli che ti stanno attorno, come onde radio. Sapere chi stai per incrociare e chi ti stà per telefonare. Concentrarsi un po' e "giocare" facendo parlare le persone degli argomenti che vuoi tu, inducendoglieli come per via radio nella testa. Fare diversi sogni verso il risveglio, al mattino, come che ricevi la telefonata di tuo padre perchè è in panne con l' auto per la batteria scarica....ed essere svegliato dal suono del telefono: è tuo padre che ti dice quello che hai appena saputo in sogno...e via dicendo.
...Ma cosa c' entrano i Buddha nel deserto qui sopra, all' inzio del post? Dopo quell' esperienza inziai appunto una ricerca, un viaggio attraverso vari tipi di conoscenza e strade mistico/spirituali, per lo più di matrice orientale. Ho speriamentato diverse cose. Cercavo degli strumenti che mi aiutassero a capire e approfondire quello che avevo "toccato". Quello che sapevo che c ' era e che gli uomini chiamano in molti modi. Non mi interessava il restare sbalordito continuando a pensare alla telepatia o al sogno precognitivo, mi interessava sapere e capire che esiste "di più" di quello che pensiamo e riusciamo a percepire.... Quel viaggio di ricerca è durato quasi 10 anni e più. Sono passato attraverso l' esperienza dell' esoterismo egiziano-sincretico e new age di Damanuhr (la comunità che si trova in Piemonte, in Val Chiusella, quella del Tempio sotterraneo). Poi la conoscenza gnostica cristiana. Quindi gli ambiti di Osho e il buddhismo zen e quello tibetano...Finchè, un giorno, incrociai il buddhismo nato dal Sutra del Loto. Quello che, come unica pratica per attivare la buddhità in tutti gli esseri umani (nessuno escluso), "prescrive" la recitazione di una piccola frase/preghiera:
Nam myoho renge kyo
difficile da capire e da credere, ma semplice da fare e da provare.... Ero perplesso perchè, nei fatti, si trattava di una pratica religiosa e spirituale simile, nell' aspetto, a tante altre. Ma decisi di provarla e di approfondire la storia di questa scuola buddhista giapponese.Il Buddha Shakyamuni visse circa 2500 anni fà, in un piccolo regno dell' antica India. Era ricco e privilegiato, un principe che poteva avere tutto quello che voleva. E il re, suo padre, lo tenne il più possibile lontanto dalla miseria del mondo e dalla dura realtà esterna al palazzo reale. Ma dentro il principe Shakyamuni si agitava un animo irrequieto e sensibile, che un giorno lo portò a eludere la sorveglianza del palazzo e a uscirne. Fu allora che fece i famosi "incontri" (vide un cadavere, un vecchio, un malato e un monaco) e "sbattè il naso" su quello che già sospettava: la vita è sofferenza, in sostanza. Si nasce, si cresce, ci si ammala, si invecchia e si muore. Il tutto può essere intercalato, se si era fortunati come lui, da molti momenti di benessere e felicità, ma l' incontro con la sofferenza era inevitabile, prima o poi. L' appuntamento con la morte, poi, l' unica certezza. Così decise di abbandonare tutto quello che aveva per dedicarsi alla ricerca del "perchè" sulla sofferenza e - soprattutto - al trovarvi una soluzione, se esisteva. Abbandonato il palazzo e la giovane moglie, dalla quale aveva appena avuto un figlio, inziò un periodo di vari anni di esperienze in pratiche meditative e ascetiche anche estreme. In parte fù discepolo di vari "maestri" e guru dell' epoca, in parte stette con altri asceti autonomi solitari che vivevano nelle foreste. Ci rimise quasi le penne per la durezza delle privazioni a cui sottopose il suo corpo ma....si rese conto che (oltre che essere poco saggio rischiare la vita) non aveva trovato le risposte che cercava e non aveva affatto raggiunto l' Illuminazione.
Così, abbandonati i suoi compagni asceti, si ritirò in profonda meditazione sotto un albero per tutta una notte... La storia narra che verso il mattino, dopo avere raggiunto varie fasi meditative sempre più profonde, durante le quali si ricordò le innumerevoli vite precedenti, finalmente si illuminò e divenne il Buddha. Si dice che visse un' esperienza straordinaria, perchè si "fuse da vivo" con la grande Legge primeva che permea l' universo; la vibrazione, l 'energia di fondo che stà alla base di tutto (la materia e il tempo) e tutto muove, dal filo d' erba alle galassie. Shakyamuni restò "flesshato" diverso tempo dopo perchè non solo ebbe la risposta che cercava (e quindi eliminò, non la vecchiaia, la malattia e la morte, bensì: la paura, la sofferenza che ne derivano) ma divenne appunto una sola cosa con la verità. E capì cosa per gli uomini era possibile fare per spezzare il giogo.
Dopo diverso tempo in riflessione (durante il quale un demone lo tentò a fregarsene del resto dell' umanità, godendosi da solo quello che aveva raggiunto) decise di inziare a rivelare il Dharma (il vangelo buddhista) a quanti più uomini possibile. Dal momento dell' Illuminazione si dice sia vissuto più di 40 anni, durante i quali girò tantissimo, predicando a moltissime persone. Dovette esgogitare diversi tipi di insegnamento per i vari tipi di uomini che incontrò, procedendo gradualmente, nel rivelare un qualcosa difficilissimo da esprimere a parole. Fu così che nell' arco di tanti anni si ebbero "filoni" ben distinti di insegnamento. Successivamente alla sua morte, i discepoli misero per iscritto queste dottrine, perchè in vita il Buddha non scrisse mai nulla. Questo scritti divennero i vari Sutra buddhisti e su di essi nacquero molte delle diverse scuole e tipi di buddhismo. Il Sutra del Loto si dice derivi da un ultimo insegnamento che il Buddha predicò verso la fine della sua vita. Secondo molti maestri buddhisti, tra i quali Nichiren Daishonin, esso conterrebbe la rivelazione completa e ultima di Shakyamuni. Rispetto tale dottrina, tutti i Sutra precedenti sarebbero stati provvisori e introduttivi.
Nel Giappone del XIII secolo Nichiren Daishonin, questo monaco buddhista, in un contesto storico, politico e religioso gravato di molti problemi, inzia a ricercare l' insegnamento più "puro" e, soprattutto, più adatto a tutte le persone, non solo ai monaci e al clero delle varie sette. A quell' epoca infatti in Giappone ve ne erano molte e tutte si attribuivano l' insegnamento più fedele alla volontà del Buddha, ma in realtà vi era una gran collusione con poteri e interessi di tipo politico/economico. Dopo anni di studi e meditazioni, Nichiren, anche prendendo le mosse dalle intuizioni di precedenti filosofi e maestri del buddhismo, arrivò a stabilire che il Sutra del Loto conteneva la dottrina suprema. L' insegnamento del Buddha più elevato si trovava lì, nelle profondità di quello scritto sacro, molto conosciuto e diffuso in Oriente, anche per la sua bellezza poetica e stilistica. Per Nichiren Daishonin il titolo stesso del Sutra del Loto ("Nam myoho renge kyo" come risulta dalla sua versione in cinese del 406 d. C.) è un mantra che racchiude in sè tutta l' essenza del Sutra stesso e delle dottrine precedenti, nonchè tutto il potenziale delle varie pratiche buddhiste.
Nichiren insegnò che la recitazione di
Nam myoho renge kyo
produce il graduale risveglio della natura di Buddha presente in ogni essere umano. Si trattava di una apparentemente "semplice" pratica, che tuttavia poteva portare direttamente all' Illuminazione e alla felicità chiunque la usasse. Oltre che a fondare una ben precisa scuola, Nichiren Daishonin, prima di morire iscrisse il Gohonzon. Il Gohonzon è un "mandala", un oggetto simbolico e sacro nel quale egli materializzò la sua condizione vitale illuminata. Una immagine ad ideogrammi cinesi e caratteri sanscriti, dotata del potere di evocare non qualcosa di esterno o soprannaturale, bensì qualcosa esistente in ognuno di noi, profondamente: la Buddhità. In altre parole, il nostro frammento di divino. Siamo tutti dei Buddha, nessuno escluso. Come insegna il Sutra del Loto, per arrivare all' illuminazione e assaporare la felicità assoluta (e non relativa) possiamo usare i nostri desideri terreni, la nostra natura umana, compresa di tutti i suoi limiti, anche i più oscuri e negativi....che non sono più degli ostacoli, bensì diventano delle "porte". Così come il fiore di Loto, che nella sua bellezza cresce e trae nutrimento dalle paludi e dal fango.
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